Storia e restauro di Palazzo Zaguri

La storia

Palazzo Zaguri, dimora di alcune tra le più prestigiose famiglie veneziane nel corso dei secoli, ha una storia che affonda le radici fino al 1353, quando venne iniziata la sua costruzione. Nel Quattrocento, fu posseduto da una famiglia con forti legami con il clero, soprattutto con il Patriarca di Venezia e con i Pasqualini, influenti mercanti di seta e membri di spicco della Scuola Grande della Carità.

I Pasqualini, diventati proprietari di Palazzo Zaguri, hanno commissionato numerose opere d’arte a rinomati artisti attivi a Venezia tra il 1400 e il 1500, tra cui Gentile da Fabriano e la bottega del Tiziano. La loro collezione includeva dipinti importanti di Antonello da Messina e Gentile da Fabriano, lodati per la loro magnificenza dall’eminente storico dell’arte Marcantonio Michiel. Il palazzo era rinomato anche per le sue sontuose feste, frequentate da nobili e regnanti, tra cui il principe montenegrino Giorgio Cernovich.

Nel 1511, nel palazzo di San Maurizio, si celebrò il fidanzamento tra la figlia del nobile Bernardo Priuli e il giovane Girolamo Giustinian. Dieci anni dopo, i Priuli decisero di acquistare una parte del palazzo e in seguito ne divennero proprietari. I Priuli erano una famiglia nobile di grande influenza a Venezia, imparentati con il ramo del Doge Andrea Vendramin e con i Pellegrini. In particolare, Pietro Priuli fu segretario del temibile Consiglio di Dieci e il padre di Pietro era un noto collezionista d’arte, che arricchì il palazzo con oltre trenta statue e commissionò opere ad artisti locali, come Alessandro Vittoria (1525-1608), autore di un busto oggi conservato al Museo Civico di Vicenza.

La famiglia Zaguri, con forti legami commerciali e diplomatici, era nota per il suo contributo culturale e artistico a Venezia. Vincenzo Zaguri, per esempio, stilò il suo testamento nel 1576 al Lazzaretto Nuovo, indicando i Pellegrini come beneficiari in mancanza di eredi propri. Figlio di Trifone, diplomatico di rilievo durante la Guerra contro il Turco, Vincenzo Zaguri fu anche mecenate e poeta.

Pietro I Antonio Zaguri (1733-1806), uno degli ultimi membri della famiglia a vivere nel palazzo, è ricordato per le sue attività letterarie e per aver progettato e finanziato la facciata della chiesa di San Maurizio.

Ebbe al suo servizio Lorenzo da Ponte (1749-1838) e fu amico e protettore di Giacomo Casanova (1725-1798). Nel Settecento il palazzo è interamente proprietà della famiglia Zaguri che ne era entrata in possesso dagli stessi Pellegrini. L’ultimo erede a morire a palazzo fu Pietro II Marco Zaguri nel 1810.

Alcuni anni dopo l’edificio risulta di proprietà della Congregazione di Vicenza e del nobile Fini.

Tra il 1905 e il 1909 il Comune di Venezia acquista il primo e il secondo piano per costruire una scuola femminile. Dal 1962 al 1965 la scuola media Sanudo, che aveva sede a Sant’Aponal, rinominata Dante Alighieri, si trasferisce a Palazzo Zaguri e vi rimane fino al 1983.

L’edificio viene abbandonato e nel 2007 fu messo in vendita.

Dal 2018, l’organizzazione di Italmostre lo ha preso in gestione e successivamente acquistato e, nel giro di pochi anni, attraverso un processo dinamico e rapido, lo ha trasformato in uno dei poli espositivi più significativi di Venezia.

Il restauro

Nel 2015 la società Venice Exhibition prende in gestione il palazzo e partecipa ai lavori di restauro finanziando completamente tutta la parte di impiantistica, di sicurezza, e allestita. Nel dicembre 2017 terminano i lavori di restauro e nel marzo 2018 apre la 1 mostra Venice Secrets.

Il complesso presentava forme di degrado dovute al trascorrere del tempo e conseguenti alle modificazioni subite dal palazzo per le molteplici funzioni svolte nei secoli: abitazione nobiliare, abitazione collettiva, sede di attività commerciale ed edificio scolastico.
La metodologia d’intervento è stata preceduta da una serie d’indagini e monitoraggi che hanno supportato una progettazione mirata e rispettosa dei materiali e delle tecniche costruttive tradizionali.

L’obiettivo del restauro è stato quello del recupero e della riqualificazione dell’edificio nel rispetto della stratificazione delle epoche che sono state vissute e che hanno lasciato la loro traccia.
Si è intervenuti su strutture murarie e lignee, su superfici intonacate, su coperture, su fondazioni e su elementi lapidei rendendo l’organismo funzionale ma conservando la leggibilità dei suoi elementi caratterizzanti, perseguendo la testimonianza di seicento anni di storia. Intonaci picchettati, murature di mattoni gotici, pareti in scorzoni sono stati lasciati a vista, a narrare la loro storia.
L’intervento di restauro ha inoltre rivalorizzato elementi riscoperti o che erano stati abbandonati come la lunga scala monumentale, spina dorsale del percorso espositivo.

Le dotazioni impiantistiche funzionali alle esposizioni sono state progettate per integrarsi nel manufatto senza essere invasive e garantendone la reversibilità: le principali distribuzioni sono contenute all’interno di contropareti che si prestano a flessibilità di modifica o a rimozione a seconda dei diversi usi.
L’edificio, testimonianza di uno stile gotico veneziano, espressione di un vissuto cittadino, riapre le porte alla città e la sua fruizione viene restituita alla collettività.